/ Canton Ticino

Canton Ticino | 30 settembre 2021, 14:00

La corsa in salita Claro-Pizzo, per chi vuole confrontarsi con la montagna

Avvincente ed unica, è in programma il 3 ottobre 2021

Immagine tratta da "Bellinzona e valli"

Immagine tratta da "Bellinzona e valli"

Chi ha partecipato alla scorsa edizione se n’è reso conto: correre la Claro-Pizzo significa confrontarsi con la montagna. Ed è questo che rende la gara Claro-Pizzo (in programma il 3 ottobre 2021) così avvincente, e unica.

L’edizione 2020 del vertical più celebre della Svizzera italiana è stata particolare per la presenza della neve. E del vento freddo. Già sotto il Lago di Canée, a 500m dalla vetta, il sentiero era bianco, i ruscelli in piena, e scendeva dalle cime un vento che abbassava la temperatura percepita ben al di sotto dei -4 gradi registrati il 4 ottobre scorso.

I partecipanti vi sono giunti con le scarpette, i pantaloncini e la maglietta corta. Questo non avviene a luglio o ad agosto, quando si corrono le altre gare di corsa in montagna, o non avviene in maniera così repentina, come quando in poco meno di due ore si passa dal clima del fondovalle a quello di quasi tremila metri di quota.
Correre la Claro-Pizzo non è impresa da tutti, poiché oltre al gesto atletico, la gara richiede di affrontare la montagna letteralmente a petto nudo.

E non è detto che lei sia d’accordo e che la cosa le piaccia!

Non è una semplice corsetta su sentiero: sono 2500 metri di dislivello, con uno sviluppo verticale che non concede tregua, e anzi, incalza in asperità fino all’ultimo gradone di roccia e che dipana, con cambi di temperatura improvvisi e inaspettati, tutta l’intera gamma della geografia alpina. Due ore – chi più, chi meno – di sforzo crescente, passando dal paese, al bosco di latifoglie, e non c’è grip che tenga sulle radici e le foglie umide! Successivamente si supera il “Besc di mort” (il bosco dei morti), cupo di conifere, fatto solo di aghi e terra nera. Non filtra il sole, non ci sono suoni, è uno stato ipnotico: gli occhi cercano la marcatura del percorso e si avanza, testa bassa. È quasi preghiera. La mente si apre con i prati di Benz prima, e poi di Peurett (dove si trova il cancelletto orario di 2 ore), finalmente...

Siamo a 1700m di altitudine, si alza lo sguardo e: “Manca poco!”, vien da dire. Insomma… Il sentiero si fa bianco di pietre e l’erba s’accorcia, si va verso i 2000 e mai che spiani, mai che si tiri il fiato. Giunti in zona laghetto la domanda è una sola: “Quanto manca?”. La vetta pare a un palmo, stampata contro cielo, ma mancano ancora 500 metri, i più impegnativi, perché il sentiero finisce fra pietre che rotolano sotto i piedi ad ogni passo. E quel cono di roccia, che per ultimo perde la neve in primavera, lo si guadagna con gli occhi che più spesso guardano in alto, quasi a voler tirare il peso del corpo più su. E la montagna sorniona fissa a sua volta dall’alto: “Quanto manca lo decido io!”, sembra dire. E forse la vetta si sposta, fa gli scherzi, non si fa raggiungere. Eppure, magia: quando si pensa di non farcela più, di avere dato tutto, e nella testa s’accende un: “Basta! Adesso mi fermo e torno indietro”, è proprio il momento in cui tenendo duro ancora solo due passi, la montagna sorride, si china: uno, due, e il piede tocca la vetta. Le dita, il cielo. È una concessione, è una conquista, entrambe le cose: per un istante montagna e uomo si guardano negli occhi e si riconoscono, sono fatti della stessa materia.

W.A.

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Google News Ricevi le nostre ultime notizie da Google News SEGUICI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore