io_viaggio_leggero - 12 luglio 2025, 07:00

Georgia andata e ritorno, dalla roulette di Skyscanner a un amore inaspettato: intervista ad Alice

In questa rubrica troverete interviste a viaggiatori, esperienze vissute in prima persona lontano dal turismo di massa. Luoghi da scoprire, avventure emozionanti, e storie di vita. Se hai un’esperienza da raccontare… scrivi a: ioviaggioleggero@gmail.com

"Il viaggio per me è sempre stato una grande chiamata.”

Alice è di Sanremo, insegna inglese e, parallelamente, cura un blog dove condivide itinerari e consigli di viaggio on the road. Viaggia molto, con uno zaino leggero e una mappa fatta più di intuito che di tappe obbligate. Non cerco cartoline perfette: cerco qualcosa che mi tocchi e mi sorprenda. Per ascoltare, per imparare, perfino per sbagliare.

 

Dove ci porti oggi, Alice?

Oggi vi racconto la Georgia, un Paese che ho scoperto quasi per caso e che ho finito per amare profondamente. La prima volta è stato un colpo di fortuna, o il destino. Ero su Skyscanner in cerca di ispirazione: saltano fuori dei biglietti economici per la Georgia, un Paese di cui sapevo pochissimo. Ho accettato la sfida e sono partita.

 

Viaggio al buio. Come ti sei organizzata?

Non è stato semplice. Nel 2017 c’erano pochissime informazioni in italiano. Ho comprato una guida, spulciato qualche blog in inglese e disegnato uno schema di massima: poi mi sono affidata all’intuito. Il primo approdo è Tbilisi, la capitale. Mi ha stregata subito per le sue influenze: georgiane, armene, ebraiche e sovietiche. Caffè pieni di giovani, vecchi cortili in legno che cadono a pezzi, street-art e ponti avveniristici. E la cucina georgiana è stata vera una bomba: tra le più sorprendenti che abbia mai provato. Poi ho deciso di spostarmi e la prima tappa è stata il monastero di Gergeti, sulle montagne del Caucaso. Da bambina era per me mitologico: volevo vedere quelle montagne con i miei occhi.

 

Come ci sei arrivata?

Con una marshrutka, minivan collettivo che parte solo quando è pieno. Inglese inutile, alfabeto georgiano indecifrabile, io zero russo: mi sono ritrovata in una piazza di furgoncini a gesticolare. Alla fine, grazie alla gentilezza dei driver, sono salita su quello giusto.Tra curve e strapiombi si arriva al villaggio di Stepantsminda: poche case, pastori, pecore e, in alto, il piccolo monastero con il Monte Kazbegi sullo sfondo, neve compresa nonostante fosse aprile. Un posto che toglie il fiato: d’inverno i monaci restano tagliati fuori dal mondo.

 

Un aneddoto di quel viaggio?

Al ritorno da Kazbegi, sulla marshrutka, mi sono ritrovata seduta accanto a una contadina con una gallina viva in grembo. Lei era tranquilla, la gallina pure. Ogni tanto la accarezzava, come fosse un gatto. Abbiamo viaggiato così per tre ore, in silenzio, tra curve e sobbalzi. È stato uno di quei momenti assurdi e teneri che solo certi viaggi ti regalano. Poi ho visitato nei giorni seguenti due città più piccole. Gori dove sono andata a vedere il museo di Stalin: c’è perfino la carrozza del suo treno personale . Mtskheta, antica capitale e oggi sito Unesco, è tutta pietra, cattedrali ortodosse e strade acciottolate. Non sono state le mie tappe preferite, ma offrono uno sguardo diverso sul Paese.

 

Cosa ti ha colpito del popolo ?

Una cosa che mi ha colpita molto in Georgia è la spiritualità, vissuta in modo spontaneo, quotidiano. Anche i giovani sono molto credenti. A Tbilisi, ogni volta che un tassista o un autista passa davanti ad un luogo di culto, si fa il segno della croce. E non uno solo, tre: come da tradizione ortodossa. Dentro le chiese, a qualsiasi ora del giorno o della notte, entrano ragazzi, studenti, coppie giovani. Anche solo per accendere una candela, fermarsi un attimo. È un gesto naturale, quasi come respirare. Nel mio secondo viaggio ho assistito alla messa di Pasqua, celebrata di notte. Non ci sono panche: si sta in piedi, in silenzio, ascoltando i canti liturgici dalla tradizione millenaria. Un’intensità che non avevo mai vissuto altrove. Anche per chi non è credente, è un’esperienza forte, che ti scava dentro.

 

C’è stato un luogo che ti ha colpito più di tutti?

Senza dubbio il monastero rupestre di David Gareja, sul confine con l’Azerbaigian. Territorio conteso: quando sono arrivata c’erano militari georgiani e azeri. Celle scavate nella roccia, affreschi medievali resistenti al tempo e silenzio assoluto. Da un lato terra arida, dall’altro una pianura verde sconfinata: la linea di confine la vedi anche nella natura. Un contrasto potente.

 

E poi sei tornata. Per scelta, stavolta?

La Georgia mi ha stregata: ospitalità, paesaggi incredibili, una cultura millenaria. Nel 2022 sono rientrata per esplorare regioni nuove. Qui trovi di tutto: trekking sui monti, vigneti, torri medievali sperdute e piantagioni di tè. È un Paese da scoprire  in ogni angolo. Ovviamente ho trovato della differenze rispetto al primo viaggio. Un turismo molto più presente: voli diretti low-cost dall’Italia, guest house attrezzate, tour giornalieri, menù in inglese quasi ovunque. I prezzi sono ancora bassi, ma più alti di prima. E Tbilisi adesso brulica di vita anche di notte.

 

Quale Georgia ti è rimasta nel cuore?

La prima, perché è stata una sorpresa totale. Ma la seconda mi ha confermato tutto quello che amavo. Forse, egoisticamente, la preferivo più per pochi. Però la sua autenticità resiste, almeno per ora. Nelle mia esperienza di ritorno ho alloggiato in una piccola struttura a conduzione familiare. La figlia del proprietario si chiamava Nino, come la santa più venerata in Georgia. Lei non parlava inglese, io non parlavo georgiano; ci capivamo a gesti. Quando sono ripartita mi ha abbracciata, ha voluto una foto  con me e mi ha regalato una bottiglia di vino. In quel gesto c’è tutta la generosità del popolo georgiano: una delicatezza che non si dimentica, una gentilezza che non ha bisogno di parole. Consiglio per chi vuole partire di essere flessibili. Le marshrutka partono quando sono piene; serve pazienza e margine di tempo .Poi imparare qualche parola in georgiano, parlare con la gente, entrare in chiesa anche se non si è credenti: la messa ortodossa è un’esperienza che lascia il segno.

 

Perché ci sei tornata più volte?

Perché certi luoghi ti accolgono senza chiederti nulla, e poi ti mancano. Perché lì mi sono sentita lontana da tutto, ma incredibilmente vicina a me stessa. Sono tornata per ritrovare quella sensazione, per scoprire ancora. E perché quando un posto ti parla davvero, non smetti mai di ascoltarlo. Ci torni con i piedi, ma soprattutto con il cuore.

Marco Di Masci

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