(Adnkronos) - "Che rabbia assistere a un femminicidio dopo l'altro. Rabbia, rabbia e ancora rabbia. Questo provo io oggi. E come me tutte le persone che hanno provato da vicino cosa voglia dire perdere una sorella, una figlia, una nipote per mano di un uomo spesso già denunciato. Mi spiace dirlo, ma nel 99% dei casi la colpa è sempre di chi non ha agito, pur potendo, per salvare vittime innocenti. Mia sorella e mia nipote avevano denunciato quell'uomo undici volte. Gabriela è stata uccisa con sei colpi di fucile, Renata, che aveva 22 anni e le mani da bambina, non aveva più parte del cranio. Ma quale consenso, ma quali campagne. Bisogna applicare le leggi". A parlare all'Adnkronos è Elena Tiron, sorella di Gabriela Trandafir e zia di Renata, ammazzate il 13 giugno 2022 dal marito di Gabriela, Salvatore Montefusco, a Cavazzona di Castelfranco Emilia.
Ieri, ad Ancona, un'altra donna, un'altra moglie, è stata uccisa dal marito arrestato solo ad aprile scorso per maltrattamenti. "Ecco perché dico che basterebbe applicare le leggi per diminuire drasticamente questa sfilza di femminicidi - spiega Elena - Anche nel caso di mia sorella e di sua figlia tutti sapevano; addirittura il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione, nonostante sapesse chi fosse lui, quanto pericoloso fosse, nonostante gli avessero tolto le armi. Sapevano tutti fino all'ultimo, quando è stata uccisa. Mia sorella ha sempre urlato che quell'uomo avrebbe ammazzato lei e sua figlia. Ha denunciato le armi, ha denunciato tutto. Per un anno e mezzo abbiamo chiesto aiuto, lo hanno lasciato libero. Mia sorella fu costretta ad andare a Bologna a denunciarlo, perché a Castelfranco nemmeno le presero le denunce. Abbiamo chiesto aiuto e tutti si sono girati dall'altra parte. Non potrò mai perdonare chi ha sbagliato. Avranno sempre sulla coscienza mia sorella e mia nipote".
"Sono sicura che se qualcuno veramente prendesse sul serio questa violenza, i femminicidi diminuirebbero. E' tutto inutile se non applicano le leggi - ribadisce Elena Tiron - se sottovalutano tutto. Mia sorella e mia nipote sono state massacrate. E un giudice donna ha escluso la crudeltà, concedendo tutte le attenuanti. All'uomo che me le ha portate via tutte e due insieme hanno dato 30 anni. E' stato solo grazie all'avvocato Barbara Iannuccelli, che ha preso a cuore questo caso e non ha mai smesso di crederci, che gli è stato dato l'ergastolo in secondo grado. A distanza di tre anni, ogni femminicidio, ogni ragazza dispersa, per me è sempre un dolore perché so cosa vuol dire, so che un'altra famiglia passerà quello che stiamo passando noi. E le cose non cambieranno, è inutile. Sono arrivata al punto di dire che una tragedia simile dovrebbe capitare a chi, per il suo ruolo, è chiamato a prendere decisioni. A quel punto, forse, potrà capire cosa vuol dire sottovalutare un grido d'aiuto". (di Silvia Mancinelli)













