Vi siete mai chiesti seriamente quanto le vostre abitudini alimentari stiano influenzando il vostro stato di salute? La salute non è solo “mancanza di malattia”, ma è uno stato di benessere psicofisico ottimale che aumenta la qualità della vostra vita. Più volte ci sentiamo ripetere che si è allungata la vita media. Certo! Si vive più a lungo, ma come? E’ sempre più raro incontrare persone che invecchiano “in salute”!
L'invecchiamento fisiologico è geneticamente programmato, graduale e caratterizzato da cambiamenti normali, come un rallentamento cognitivo o una minore elasticità della pelle, mentre l'invecchiamento precoce comporta una perdita funzionale più rapida e l'insorgenza anticipata di patologie. Purtroppo, sempre più spesso l'allungamento della vita media si accompagna a un aumento della cronicità e delle malattie neurodegenerative come ad esempio il diabete che di per sé non è classificato come una malattia neurodegenerativa primaria, ma è riconosciuto come un significativo fattore di rischio per il declino cognitivo e lo sviluppo di diverse malattie come l'Alzheimer e la demenza vascolare.
E questo perché l'eccesso di glucosio e l'insulino-resistenza sono tossici per il cervello e possono accelerare l'invecchiamento cerebrale e la neurodegenerazione. Certo, i progressi in campo medico consentono di gestire le malattie acute, permettendo alle persone di vivere più a lungo, rispetto solo a un secolo fa, ma non sempre riescono a impedire i processi di invecchiamento e i danni genetici che favoriscono proprio le patologie cronico-degenerative e le disabilità di cui soffrono milioni di persone nel mondo. Ma cosa sta contribuendo a farci ammalare? Sono molti e diversi i fattori che concorrono e che raccontano sempre più spesso uno stile di vita squilibrato.
A mio parere, uno dei fattori che influisce di più è la nostra alimentazione, povera di nutrienti sani ed essenziali e ricca di sostanze tossiche che possono influenzare le nostre funzioni corporee, indurre invecchiamento precoce, favorire mutazioni al DNA e modificare l'espressione dei nostri geni, come ad esempio, alcune sostanze definite “mutagene” come gli idrocarburi policiclici aromatici, prodotti dalla grigliatura delle carni o presenti nel fumo di sigaretta; alcuni pesticidi come il glifosato, ma anche il benzene, la formaldeide e le nitrosammine che possono formarsi in alcune carni lavorate e conservate.
E’ triste da dirsi, ma la nostra dieta moderna contiene anche sostanze citotossiche e genotossiche che possono danneggiare le nostre cellule ed influenzare la capacità di reazione del nostro organismo agli stimoli stressogeni. Per andare più nello specifico, queste sostanze possono alterare, ad esempio, la sequenza di un gene che codifica per una proteina di protezione, come un enzima di riparazione del DNA, portando a una proteina difettosa e mal funzionante.
Vengono alterati i meccanismi di regolazione epigenetica o i percorsi di traduzione del segnale, causando una riduzione o un aumento anomalo della quantità di proteine protettive prodotte, compromettendo l'efficacia della risposta cellulare al danno. L'inefficienza dei meccanismi di riparazione del DNA, dovuta a tali alterazioni, è un fattore chiave nello sviluppo del cancro. Ecco perché molte sostanze sono considerate cancerogene e pericolose per l’uomo.
Ma senza inoltrarci in questi meccanismi genetici più complicati, vorrei farvi comprendere quanto è importante mantenere un'alimentazione il più possibile equilibrata, evitando gli errori della nostra “nutrizione moderna”, imparando a districarci tra le molte informazioni contrastanti e gli interessi commerciali che creano molta confusione e poche certezze.
Proviamo, come sempre, a fare un pò di chiarezza. Innanzitutto, quando parliamo di sana alimentazione, dobbiamo riferirci a quei cibi che prevengono le malattie, favoriscono la longevità e la qualità della vita, potenziando lo stato di salute. Il cibo non ci garantisce solo sopravvivenza, ma andando oltre le necessità puramente metaboliche, dobbiamo comprendere che esso ricopre un ruolo psicoemotivo molto importante: mangiare è un atto d'amore, in primis verso noi stessi e poi verso gli altri. E’ considerato motivo di incontro, di scambio, di condivisione, perché stimola le relazioni sociali e favorisce i rapporti interpersonali. Il cibo è energia, quell'energia che fa funzionare il nostro organismo. E’ il nostro carburante dalla cui qualità dipendono le prestazioni della macchina corporea.
E’ un messaggio, perché tutto all'interno del nostro corpo comunica con un linguaggio molto specifico, una sorta di feedback che mette in comunicazione tutte le parti. Quando il cibo entra nel nostro organismo, attraverso l'apparato gastrointestinale, porta specifici messaggi che vanno a regolare i processi metabolici più profondi. Possiamo considerarlo una sorta di “prima medicina”, perché gli alimenti sani, naturali, freschi, stagionali e vivi ci permettono di mantenere il corpo in salute, prevenendo patologie e migliorando il nostro benessere psicofisico.
Per riuscire a capire l’importanza di una vera e propria “educazione a tavola”, è fondamentale comprendere da dove veniamo e che cosa è successo nella storia evolutiva, legata al cibo, partendo dai nostri antenati fino ai nostri giorni. Innanzitutto, dobbiamo dire che la nostra genetica è rimasta invariata rispetto a quella degli uomini di 200.000 anni fa. In quell’epoca l'uomo passava la sua vita a procacciarsi il cibo, raccogliendo quello che la natura poteva offrirgli e cacciando animali selvatici che avevano caratteristiche nutrizionali molto diverse da quelle degli animali allevati, di cui ci nutriamo oggi. Erano popolazioni nomadi di raccoglitori e cacciatori.
Fino all’inizio della Rivoluzione Agricola (Neolitico) circa 12.000 anni fa, periodo in cui avviene un cambiamento significativo: l'uomo cambia stile di vita e alimentazione, diventa stanziale, vale a dire si ferma in alcune aree come agricoltore e allevatore e inizia a pianificare la produzione del cibo.
La maggiore disponibilità di tempo, dovuta alla minore necessità di procacciarselo, gli permette di dedicarsi allo sviluppo di nuovi interessi, abilità e strutture sociali più complesse. Questo cambiamento ha dato il via alla civilizzazione che, attraversato millenni e secoli, ha portato sulle nostre tavole il cibo “moderno”, che dal dopoguerra in poi, con la rivoluzione industriale, si è arricchito sempre più di sostanze chimiche e di lavorazioni a caldo che lo hanno privato della maggior parte dei nutrienti. Ma non solo! L'uomo man mano, con il crescere dello sviluppo della tecnologia, è diventato più sedentario, un consumatore incallito, una sorta di “divoratore insaziabile”.
Questi fattori hanno contribuito a cambiamenti metabolici importanti, dovuti a un calo del dispendio energetico: una volta si faticava fisicamente per riuscire a procacciarsi o a produrre cibo, e non c’era la comoda disponibilità di conservarlo nel frigo o nelle nostre dispense, sempre a portata di mano. Essendo rimasto invariato il nostro assetto genetico rispetto a quello di 200.000 anni fa, noi siamo programmati per immagazzinare cibo, perché all'epoca la sua carenza obbligava il nostro organismo a mettere da parte più che poteva. Ecco perché oggi abbiamo metabolismi lenti che protendono ad accumulare grasso. Questa capacità di incamerare, 200.000 anni fa favoriva la sopravvivenza, oggi è solo uno svantaggio. Capite quanto può essere limitante e sminuente ridurre la scelta del cibo a seconda delle offerte vantaggiose (3 X 2) o al consiglio pubblicitario con testimonial famosi. Il cibo ha permesso e influenzato l’evoluzione della specie umana.
Merita un posto tra le vostre priorità? Perchè siamo arrivati a dargli una importanza così riduttiva? Forse perché per noi rappresenta una sorta di “riempitivo” delle nostre mancate gratificazioni? Ci accontentiamo di “cibo spazzatura”, artefatto e artificiale, arricchito con miscele di zuccheri e grassi o grassi e sale che ci procurano un grande senso di appagamento, perché stimola il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore responsabile del nostro senso di piacere.
Questo appagamento massimo è chiamato il Bliss Point (punto di estasi). Molti prodotti industriali sono creati “ad arte” per risultare irresistibili e creare dipendenza. Ma quali sono i punti deboli della “nutrizione moderna”? Il cibo contiene troppi zuccheri. Nella nostra dieta i carboidrati rappresentano una quota eccessiva. Sto parlando dei cereali raffinati, poveri di fibra, e degli zuccheri semplici, presenti non solo nei dolci, ma aggiunti ovunque anche in cibi insospettabili. Zuccheri che vengono assorbiti molto velocemente, provocando picchi glicemici e un aumento dell’insulina.
Mettendo sotto stress il pancreas e fegato, il loro eccesso sarà trasformato in grassi. Parliamo di un'alimentazione ipercalorica e iponutriente nel senso che è aumentato l'introito calorico e si è ridotto tantissimo la fornitura di nutrienti. Purtroppo, il nostro cibo contiene una quantità incredibile di sostanze chimiche, del tutto assenti fino a un secolo fa, che disturbano e difettano le nostre cellule.
Sono aumentati i grassi nocivi, come i grassi trans, prodotti in modo artificiale, tramite l’idrogenazione degli oli vegetali, resi solidi. Questi peggiorano il profilo lipidico, aumentando ad esempio le LDL e i trigliceridi e favoriscono l’infiammazione. Sono invece diminuiti quelli buoni, come i grassi essenziali polinsaturi Omega 3, antinfiammatori. Molte volte i prodotti di origine animale derivano da animali nutriti con mangimi sintetici di bassa qualità e valore nutritivo, a volte contaminati da micotossine, metalli pesanti, pesticidi e ftalati.
Queste sostanze variano la composizione di acidi grassi nelle carni e quindi anche chi li consumerà tenderà ad avere uno squilibrio nel rapporto tra i grassi antinfiammatori e quelli proinfiammatori. Il cibo contiene sempre meno fibra solubile e insolubile, elemento importantissimo per la salute del nostro intestino e del Microbiota, fondamentale per la regolazione dell'assorbimento dei nutrienti a livello enterico. La nostra dieta è purtroppo povera di proteine nobili ad alto valore biologico, come quelle del pesce azzurro, che contengono tutti gli aminoacidi essenziali indispensabili per il nostro organismo.
Eppure il pesce è più digeribile rispetto alla carne, perché contiene meno tessuto connettivo che è più difficile da scomporre durante la digestione. Insomma, per concludere, vi esorto a non sottovalutare questi aspetti e ad attribuire al cibo il giusto ruolo: un catalizzatore primario del potenziale evolutivo e produttivo della specie umana e non un “surrogato” del piacere emotivo, utilizzato per compensare stress, solitudine, noia o bisogni non soddisfatti.









